Creare la nuova normalità: lavorare in un mondo post-pandemico

Con l’allentamento delle restrizioni Covid-19 in tutto il mondo, esploriamo come sono cambiati i luoghi di lavoro in questo mondo post-pandemia e come la gestione sta creando la nuova normalità.

Entrando nel terzo anno di pandemia globale possiamo ormai dire senza dubbi che ci sono stati cambiamenti senza precedenti in ogni settore di lavoro.

Alcuni termini che usavamo a malapena fino al 2019 sono ora di comune utilizzo (pensa banalmente allo smart working) e gli spazi degli uffici una volta affollati ora sono vuoti.

Con l’introduzione di settimane lavorative più brevi, lavoro in ufficio ridotto e un maggiore uso della tecnologia, tutti i risultati diretti della pandemia, esploriamo il modo in cui i luoghi di lavoro si evolvono in questo nuovo mondo.

Dove lavoriamo

In pre-pandemia la maggior parte di noi non avrebbe minimamente considerato il remote working un’opzione affrontando il pendolarismo quotidiano senza nessuna riflessione rispetto ad una alternativa.

La cultura del lavoro in ufficio era così profondamente radicata nel mondo aziendale che avere uno spazio di lavoro “mobile” non sembrava assolutamente necessaria.

Nell’aprile 2020, in piena emergenza, più di un terzo (37%) dei lavoratori UE risultava aver cominciato a lavorare da casa. L’Italia, che prima della pandemia partiva dalle retrovie, è risultato uno dei paesi più reattivi, essendo stata rilevata la percentuale più alta (40%).

“L’emergenza sanitaria ha avuto un enorme impatto sulla diffusione dello smart working, contribuendo ad accelerare cambiamenti nell’organizzazione del lavoro già in atto per effetto dell’evoluzione tecnologica.”

La direzione

Una survey di Assolombarda su 1.000 associate ha rilevato una quota media ponderata di smart worker pre-Covid del 17%, salita a settembre al 50%. La quota di imprese interessate dal fenomeno è balzata dal 28% al picco del 93% nel lockdown, stabilizzandosi al 72% a settembre e tendendo in prospettiva a fissarsi al 59%, di fatto raddoppiando rispetto al passato.

Dall’inizio del 2021 a oggi il numero di smart worker è andato progressivamente a diminuire, complice la diffusione dei vaccini che ha permesso il rientro in ufficio dei dipendenti pubblici e di alcune categorie di lavoratori, come per esempio gli insegnanti a seguito della dismissione della DAD.

A marzo 2021, a un anno dal primo lockdown, l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha stimato che erano 5,37 milioni gli smart worker italiani, di cui 1,95 milioni nelle grandi imprese, 830mila nelle PMI, 1,15 milioni nelle microimprese e 1,44 milioni nella PA. Nel secondo trimestre il numero ha iniziato progressivamente a diminuire fino a 4,71 milioni, con il calo più consistente nel settore pubblico (1,08 milioni), seguito da microimprese (1,02 milioni), PMI (730mila) e grandi aziende (1,88 milioni). A settembre il numero degli smart worker si è attestato a 4,07 milioni, contando complessivamente 1,77 milioni di lavoratori agili nelle grandi imprese, 630mila nelle PMI, 810mila nelle microimprese e 860mila nella PA.

Tuttavia, questo graduale rientro in ufficio non segna in generale un declino del lavoro agile, al contrario al termine della pandemia le organizzazioni prevedono un aumento degli smart worker rispetto ai numeri registrati a settembre: saranno, infatti, 4,38 milioni i lavoratori che opereranno almeno in parte da remoto (+8%), di cui 2,03 milioni nelle grandi imprese, 700mila delle PMI, 970mila nelle microimprese e 680mila nella PA.

lavorare in un mondo post-pandemico

Secondo le rilevazioni 2021 dell’Osservatorio le modalità di lavoro in Smart Working torneranno ad essere ibride, alla ricerca di un miglior equilibrio fra lavoro in sede e a distanza: nelle grandi imprese sarà possibile lavorare a distanza mediamente per 3 giorni a settimana, 2 nelle PA.

Ma i cambiamenti non riguardano solo quanto tempo trascorrere in ufficio o in altri luoghi, ma anche la gestione degli spazi per adattarli al nuovo modo di lavorare: in tal senso hanno avviato degli interventi il 55% delle grandi aziende e il 25% delle pubbliche amministrazioni, con priorità, in generale, all’organizzazione degli ambienti di lavoro.

“La pandemia ha accelerato l’evoluzione dei modelli di lavoro verso forme di organizzazione più flessibili e intelligenti e ha cambiato le aspettative di imprese e lavoratori […] Le grandi imprese stanno sperimentando nuovi modelli di lavoro, con la ricerca di nuovi equilibri fra presenza e distanza capaci di cogliere i benefici potenziali di entrambe le modalità di lavoro.”

Mariano Corso

Il Futuro

C’è ancora così tanto che non sappiamo su come si evolverà l’ambiente di lavoro nel 2022, specialmente in mezzo a circostanze in continua evoluzione e all’aumento delle varianti del Covid-19. Altri fattori e minacce, come la guerra e la recessione, saranno senza dubbio determinanti nel prossimo futuro e quindi possiamo solo prepararci per ulteriori cambiamenti nei nostri nuovi modi di lavoro.

È evidente che creare la nuova normalità è un compito continuo, anno dopo anno, in risposta a minacce esterne e fattori al di fuori del nostro controllo personale. Lavorare in un mondo post-pandemia sembra certamente diverso rispetto al 2019, ma è anche importante ricordare che le nostre abitudini nel 2019 erano senza dubbio diverse da quelle di 5, 10 o 20 anni prima.

Quindi, in sintesi, i tempi continueranno a cambiare e continueremo a chiederci capacità di adattamento. Creare la nuova normalità è un compito che non può mai essere completato, è semplicemente qualcosa su cui tutti i manager devono lavorare costantemente.

Per tutti questi scenari, noi di Teambuilding Experience ci impegnano quotidianamente nel progettare attività di team building che possano ingaggiare e motivare i gruppi di lavoro. Abbiamo quindi creato diverse attività di team building virtuali e ibride, oltre a quelle da anni gestite in presenza al fine di soddisfare ogni esigenza logistica dei team.

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