Team building Rugby Mirano: in campo con pennelli e pittura

TEAM BUILDING RUGBY MIRANO: IN CAMPO CON PENNELLI E PITTURA

Giocatori della prima squadra, allenatori, genitori dei giovani, celebri ex: la grande famiglia del rugby tira a nuovo lo stadio.

MIRANO. Lo chiamano team building: si tratta di sessioni di allenamento collettivo che con ruck e placcaggi non c’entrano nulla, ma che se ben costruite possono contribuire – e ci riescono, eccome – a rendere più efficace la delicata alchimia che regola le dinamiche extra-sportive tra i giocatori di rugby.

A Mirano, la traduzione di team building assume ormai da due stagioni una forma tutta sua: non quella letterale di “costruzione del team”, ma quella quasi dialettale di “team che costruisce”, come spiega Gianfranco Beda, preparatore atletico tra i migliori del circuito divenuto responsabile bianconero per il marketing e gli eventi.

«È iniziato tutto l’anno scorso, quando il Club voleva dare un segnale tangibile del lavoro di riorganizzazione fatto dalla società e a tutti ci sembrò una buona idea quella di rifare il look alla tribuna dello stadio, che davvero ne aveva bisogno», dice Beda.

In tempi di crisi, in famiglia si risponde stringendosi e sostenendosi l’un l’altro, e siccome da queste parti il rugby è ancora considerato una cosa di famiglia, ecco lanciati idea e appello: «Tutti convocati per un’estate al lavoro, con i giocatori della prima squadra in testa», continua a raccontare Beda, «alcune ditte specializzate ci avevano prospettato cifre importanti e non meno di 10-15 giorni di tempo per una manutenzione come si deve – sistemare i danni, ridipingere e completare con le rifiniture estetiche – mentre noi non potevamo permetterci di restare senza stadio per più di una settimana. Giusto il tempo di lanciare la chiamata, che all’appello hanno risposto in più di 100: oltre ai giocatori si sono presentati i genitori delle nostre giovanili, mamme comprese, ma anche alcuni sponsor, qualche tifoso e anche semplici cittadini. Abbiamo finito tutto in cinque giorni, spendendosolo il necessario per i materiali e qualcosa di più le birre, i panini e le pastasciutte. Alla fine, è stata una soddisfazione incredibile».

Belli fuori, belli anche dentro: un’esperienza da replicare. Così quest’anno è stato il turno di spogliatoi, corridoi, infermeria, magazzini e uffici, e la cosa strana è che a far partire questo secondo round non è stata la dirigenza, ma i giocatori stessi.

«Abbiamo pensato che era inutile continuare a lamentarsi perché in giro trovavamo impianti più belli del nostro», interviene Marco Frighetto, seconda linea e principale coordinatore dell’iniziativa, «finita la stagione, con i ragazzi ci siamo guardati negli occhi e abbiamo deciso di fare la nostra parte con il lavoro onto, quello dove c’era da sporcarsi di più le mani, perché chi viene a giocare qui deve iniziare a rispettarci anche per come gli presentiamo casa nostra. Per fortuna ci hanno seguito in tanti, dagli Old ai volontari, dalle mamme alle sorelle, e il risultato credo sarà buono».

Nessuno che abbia tirato fuori scuse nemmeno tra gli ex giovanotti dell’Armata Brancaleon, e del resto con un animatore come Renato Scanferla – per tutti “Chela” per via delle “amichevoli” strette che amava riservare a pallone e avversari – non poteva che essere così.

«Sono a Mirano dal 1971, questa ormai è più di una famiglia per me e se c’è da dare una mano io e i miei compagni di certo non ci tiriamo indietro».

Lunedì prossimo il primo allenamento ufficiale della stagione, ci saranno anche i tifosi, e a qualcuno sembrerà forse di entrare in un salotto.

 

Tratto da Nuovavenezia.gelocal.it

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